martedì 10 maggio 2011

VENERDI', SABATO SCORSI IN ME

Parte che non ce la faccio più, dolori in basso a destra, sinistra, addome in fiamme, poi sputacchiate di vita, morte, non c'è più compassione, vuoto, gelo, cazzo, la famiglia non mi ha mai tanto odiato, stavo a pensare a natale, alle caramelle, l'affetto, l'amicizia, i valori, è cosa buona giusta dell'inetto del redentore, insomma a natale, a natale, tutti si sono coalizzati per odiarmi, c'è stato un momento, un momento in cui ho disintegrato tutto, vene mezze rotte, tagli, chiodi manco il porco, stavo male, tanto, tanto male, è tornata l'escoriazione sull'uccello, mai stato amato quando necessito delle cose descritte nella FASE 2 dei libri di David Icke messe lì per tirarci dentro anche i sentimentalisti, 'nsomma ho ridato fuori di matto dopo anni anni, ho capito che sei solo contro il mondo, le canzoni di Battisti, le canzoni di Battiato, le canzoni di De Andrè, le canzoni di Rino Gaetano, altri luoghi comuni che hanno dimezzato l'ultra pienezza armonica del potenziale umano, son' cazzate però ti toccano.

Togliendo battisti, tutta l'altra roba non l'ho sentita, ho paura a limitarmi a essere “italiano”.

Natale, fase astrologica d'odio, il cazzo mi si escoria dal nervoso, odio mia madre, detesto mio padre, il cazzo mi diventa un'isola deserta dolorante, da escludersi rapporti sessuali, fa male male male, non ne posso più, volevo un gatto nero, nero, nero, ora siamo razzisti, il gatto nero l'immigrazione, sia ristramaledetta la carcassa del papa santo, morissero i parenti suoi solo per mio vezzo – mi sono lasciato prendere dall'ego, come tutti i malati del mondo, ho bisogno della soka gakkay, di scientology, di un finto santone, voglio apprendere i segreti di "The secret" e, non per ultimo d'importanza, "The metasecret", e scoprirò i segreti della felicità in culo a quella scrofa di Maria mai esistita!!!! - , in contemporanea ai regali e baci sotto il vischio non progettati per me, ho vissuto un mese fuori casa, in macchina, mangiando pizza coi carciofi, bevendo vino da sommelier buono per illusione, lo feci assaggiare un cane, egli mi parlò, si auto munì di parola, IL CANE, per dire “Figliolo, non ti sporgere oltre il davanzale”, risposi “Ba ba ra raaaatro, no , l'aratro no, ciò già lavorato al vivaio vivaio in mezzo ai monti, a comandare bestemmia dopo bestemmia c'era il padre d'una grandissima troia che mi spupazzavo a quindici anni, gran troia (mi fece male, solo che non lo sapevo, occupato a occuparmi di sesso opposto senza arrivare al nocciolo), albanesi e rumeni che hanno confermato lo stereotipo che fuori dai nostri mafiosi confini sono tutti cattivi, spregevoli, non hanno la pastasciutta buona buona, si mangia mica bene, e mancano di Totò e Alberto Sordi e altri falliti di cui andare fieri.

... cioè, si vabbè, no, ma dai, era per dire che nzomma a natale, un periodo non proprio florido fertile s'erano coalizzati contro me tipo Risiko, arriva questo bel ragazzo biondo, con gli occhi chiari e... e... mi ha sfondato il culo.
Sì.
L'ho detto.
Lo dico apertamente come un bocciolo nel buco del culo.
PRIMA DELLE NOZZE DI CHEIT E UILLUIAMS L'HO PRESO NEL BUCO DEL CULO.
La regina madre, gran puttana, venisse un tumore a lei, a tutta la dinastia sua, guardava me col ragazzo biondo e filmava lo snuff movie.
Potete scaricarlo su internet, al sito www.nessunomiama.anzièquelloiltroppoamore.commmadonnnnna.

Mi spuntasse belzebù dal culo.... sì... cazzo, magari.
Devo farci quattro chiacchiere con satana; ho fatto due chiacchiere con Gesù, sono rimasto deluso, ha rotto i coglioni quando gli ho rinfacciato la verità (non è mai esistito), si è incazzato, allora gli ho detto vabbè, vai, vai a festeggiare: in nome tuo hanno santificato lo stronzo che ci aveva l'alzheimer e si metteva un cappello da coglioni, col bastone da mago Gandalf e parlava dalla finestra.

Per dove abito io, per la modalità in cui vi abito, potessi parlare col megafono dalla finestra come fa quell'inezia della natura ameba pedofila stronza del papa, avrei un pubblico di tutto rispetto.

FINORA TUTTO EGO ADOLESCENTE, TUTTO EGO, E' DA CANCELLARE, ROMPE LE PALLE AL LETTORE, IL LETTORE VA COCCOLATO, IL LETTORE PORTA DENARO.

Un momento: il blog è gratis, non ho nessuna entrata economica buttando tempo a scriverlo.

Continuo, questo veleno è più che giustificato... forse no... forse... hai mai provato a vivere senza fare domande?
No.
Allora leggi, leggi, le domande t'aiutano, poi ti aiuta la NEURoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoOoO.


NATALE: FOLLIA: ESCORIAZIONE: SOLITUDINE: DESOLAZIONE: ARRENDEVOLEZZA: FOLLIA: VETRO ROTTO: AFFETTO COME AFFETTARE UN AFFETTATO.

Arriva il famigerato ragazzo biondo (no, non me l'ha messo lì da dove esce la pupù, era una scusa per vendere più), sto ancora facendo un discorso che non mi compete, non sto vendendo, non c'è tornaconto economico.

Posso parlare senza peli sulla figa.

Il ragazzo in questione era il figlio del catechista.
Il catechista era uno assurdo.

Sputava per terra, ti dava i soldi, diceva: - Vammi a comprare le sigarette. Non andare in giro a giocare. Se torni dopo che lo sputo si è sciolto ti do una TOZZA IN TESTA.
Per chi fosse del nord, per chi non fosse un terrone non orgoglioso dell'ignoranza che lo circonda (anche se pure voi del nord, se mi leggete, siete terroni di montagna, non cambia niente, la vostra parodistica ignoranza è pittoresca quanto un pelo incarnito in un brufolo al centro dell'entrata stradale del traforo anale) la “tozza” è una bella rievocazione di ciò che fu, un dna di ricordi.

Ricordo di non sapere che la mia famigl... OKKKKKKKK, MO FINISCO STA CAZZO DI COSE, E CE SO MESSO DDDU PAGGINE.

Quando avevo quindici anni, un ego malatissimo – non lo sospettavo, anzi - , giravo con la chitarra per farmi vedere, in cerca di attenzioni. Avevo la chitarra elettrica a tracolla, l'amplificatorino a pile Duracell da competizione rubato al mio amichetto Nicolò (ora vive a Berlino, è andato a cercare un tipo di sofferenza espressa in altro linguaggio), attaccato alla tasca dei jeans.
Come si suona, come si suona - , diceva il ragazzo, figlio del catechista sputante.
Io, che so io, quindi so' forte, come molti di noi pensano di sé, stavo lì a dargli pseudo lezioni di chitarra in sala giochi, d'estate, un'estate senza volantini, senza sistema bancario fraudolento, senza la conoscenza della totale mancanza d'amore verso il prossimo.

E non ero assolutamente felice, mi ero innamorato di una rettiliana con delle grandi tette e un ego malato volto alla distruzione.
La prima sega, pensando a lei, me la sparai cinque anni dopo che non ci vedevamo/sentivamo più.
TITOLI DI CODA.
TU TUUUUU, TU TUUUUUUUUUUUUUU (è la colonna sonora; l'orchestra coi fiati, gli archi celebrano la frase da maglietta e chi ha lavorato al film.... davvero sei ancora lì a leggere... mmmm, dubito, troppi problemi, il mondo scalpita, il noaiuherèoiaheèriohaèwrhèawhraè e così... no? Essì, è una vitaccia, che ci vuoi fa'=?!?!?£"?)$?")$?

ECCOOOOOOOOO, RICORDOOOOO.

Il ragazzo biondo di natale di due pagine fa, figlio del catechista ruminante, nel frattempo, nel frappuccino – è un aborto genetico, il FRAPPUCCINO – , non solo ha iniziato a suonare la chitarra, è diventato un dio del blues, un vero talento. Senza sforzo fa cantare, ballare la chitarra con disarmante militarizzazione.

ENNO', CAZZO, SE USI UN AGGETTIVO COME "DISARMANTE" DOPO VA DISARMATO SENNO' L'AMBIENTE PIANGE.

Siate vegetariani, non mangiate gli animali, non uccideteli.
Fate vivere gli animali.
Lasciate che soffrano.

E odiate i vostri genitori.

IL BIONDO E' DIVENTATO UN GRANDE CHITARRISTA E A NATALE MI HA REGALATO UN SOGNO.

Il biondo chitarrista figlio del catechista è diventato una leggenda locale, ha trovato una sorta di produttore e ha iniziato ad incidere un album di pezzi propri.

Ai chitarristi che più lo hanno influenzato in passato ha chiesto di fare una collaborazione, di suonare un assolo su certi pezzi.

Natale.
Sofferenza, odio familiare, ubriacature accelerate per trenta giorni lunari, mi telefona, me lo chiede, io ci sto.
Il giorno prima di capodanno 2011 vengo in possesso della demo, un energicissimo pezzo su quale suonare, incastrarci due solo. Il primo partiva a 1:43, l'altro mi sembra a 3:45 anche se non è così importante, come non era importante il di sopra, come non lo è niente.

SALTIAMO.
Incido il pezzo senza sapere niente dell'album.
Ho sentito solo un pezzo, UN CAPOLAVORO, la opening track in cui ha suonato il mio insegnate di chitarra.

Passa passano i mesi, non ci penso, mi dedico al teatro delle ombre.

Venerdì sera c'è stato il rave mega raduno cena per celebrare l'uscita del tanto agognato album.
È stato curato nei minimi dettagli come i dischi di Serie A destinati al grande pubblico, sebbene il produttore sia un modesto tecnico del suono non affiliato agli Illuminati, quindi non abilitato a elargire somme a più di cento cifre.

Arrivo a casa del festeggiato.
Casa al mare.
Siamo di fronte al mare.
Terzo piano.
Da qui si vede il paracristo.
Da qui, più o meno quando sorge il sole, si può scorgere una vista da far rabbrividire.
Da qui si può finisci a raccontà o no?


C'è Robert Fripp* alticcio, egoneggia gigioneggiando, spadroneggiando su religione, filosofia, arte fornendoci preziosi aneddoti su come fosse la spiaggia una cinquantina di anni fa. Imparo molte cose, trampolini da domande postume.

*Per chi non lo sapesse, colui che ripropone perfettamente le sembianze del sopracitato chitarrista, è lo zio del biondo che ci ha donato il piacere di suonare nel suo disco solista.

Come un fantasma sospeso al centro della sala.
C'è una strana atmosfera.
Gelida.
Permeata dalla stranità (in grammatica non si può di' sta cosa, vero? Mbè ngul'a mammeta... vedi che intanto il terronese lo capisci? Nell'insulto si diventa multilingue... think 'bout it), pesante come aria, sembra di essere a un convegno di rinomati dottori internazionali.
Era un'aria tangibile.
La si poteva tagliare col coltello.
Visto che escamotaje narrativo?
Chi è che non ha mai usato "L'aria era talmente densa che si poteva tagliare col coltello?".
Be', io ho scritto "escamotaje" a discapito della "corretta" ortografia, quindi sono più innovatore, quindi fanculo tua madre.

ORA
LA
RACCONTO
LO
GIURO
MIO
AMATO
LETTORE
CHE
NON
CI
SEI.

C'è una strana atmosfera.
Dave Gahan ai fornelli (è lui, senza possibilità di controbattere) ha messo su la pancia da pensionato, è stanco, coi figli e una vita non tanto congeniale. Mi saluta, ricomincia a spiegare le sue teorie a mister* non mi ricordo, il tirapiedi di John Travolta nel film "The punisher".

*Le persone citate sono tutte spiccicate ai vip citati.

Esco in terrazzo, dove si vedeva il mare, con Guido Lu capo. “Come stanno i tuoi, no, era solo per fare due chiacchiere, nooo, così, giusto per parlare”.
Penso che i miei potrebbero andare a farsi fottere per sempre, però dico “Sì, stanno bene, chi li ammazza?”-
Già, chi li ammazza?
Ditemelo che gli verso la somma sul Bancoposta.

Arriva Robert Fripp, si ammonisce da solo, l'alcool a stomaco vuoto non può essere, perché lui ha sessantanni, intanto il calice si dimezza, si estingue tra le papille gustative, e appare sempre più amareggiato nei confronti della vita, ignaro che il sole si torva dentro il cuore di chi è malato.

Questa ultima non voleva dire niente...
Per me voleva dire.
Ora che “ha detto”, passiamo ad altro.: è la fine del foglio: siamo a 4/4

Gli invitati si stanno radunando, per meglio dire stanno arrivando.
Eravamo io, Lu capo, Fripp, Gahan, T.d.T. (Tirapiedi di Travolta; scrivo questa sigla anche se il personaggio non apparirà più durante il corso della narrazione e lo dico con onestà, ora, alla prima stesura del testo, perché non l'ho rivisto per tutta la sera; sperò mai più) mentre ora, l'adesso di due giorni fa, si sta riempiendo di un fottio di gente.

È arrivato pure Giacinto il mio maestro di chitarra, accompagnato... citeremo questo curioso personaggio dopo.

Abbracci, saluti, si beve, si beve.

Ancora ci sto col cervello.
Due ore prima ero stato in uno chalet, ho bevuto due litri di vino bianco con la gassosa insieme a Pj, il bassista del gruppo garage dove sabato fungerò da fuzzettariano rimpiazzo del chitarrista, partito verso l'Inghilterra per studiare a Cambridge (insieme ai rettiliani).

Allo chalet ho appreso varie cose su Cichetti, ho disquisito di psicologia et filosofia come tutti ciò che ne parlano: arrivando a niente.
Però mi so divertito.
Però mi so ubbriacato.
Però ho scoperto un singolare luogo dove andare a mangiare quest'estate.

Torniamo alla cazzo di casa con Fripp&Gahan, ricatapultiamoci nel cuore del bene, con Giacinto e il misterioso ospite.

Parliamo di jazz, parliamo di quanto sia confortante abbandonare il plettro, gioire dei cinque plettri naturali (pollice indice medio anulare mignolo), tra un bicchiere e una caraffa.
Si beve, si beve, si versa un altro bicchiere e lo si beve.
Il frigorifero in cucina è rimpinzato da una sessantina di bottiglie di prosecco, vini bianchi vari, così sto tranquillo, avremo tutti e venti noi da bere per un altro paio di ore.

E arriva altra gente; perché non brindare? Non sarebbe corretto nei loro confronti.

Qualcuno esce da casa, poggia il culo sul sedile dell'auto, infila la chiave nel quadro, la gira, spinge frizione, acceleratore, ingrana la prima, guida attraverso insidie stradali, arriva a destinazione: è un eroe multieffetto e va celebrato buttando giù un bicchiere, forse anche due tre.

Altri invitati: “Oh Eugè, stappa altre du' bottiglie, no?”.

Osservo l'ego che mi circonda, l'ego che mi imprigiona.
Quanto siamo amabilmente ridicoli?
Grazie, versa, versa pure.

Un boato tipo stadio, arriva il promotore dell'happening, insieme alla sua strafiga fidanzata.
Quando la conoscetti appariva un'amabile, energica cantante nel gruppo cover dei R.A.T.M (Rabbia Contro la macchina tradotto, N.d.R).
E' in carne, solare, meno energica, devota alle pratiche dell'opus dei fazione estrema.
Il desiderio di conoscenza carnale nei suoi confronti s'era esponenzialmente auto riprodotto.
Un paio di scarpette nere che sfido io qualsiasi feticista a farsi avanti senza portare nel cuore un blues da campo di cotone.

Giacinto elogia, in quanto ubriaco.
Giacinto esorta, in quanto quantisticamente concentrato in una vibrazione condensata ad una velocità sempre meno intensa.
Vacillante vacilla.

E versano a mia insaputa.
Mi chiedo: l'avevo buttato giù e me l'hanno riempito o non avevo bevuto?

Quando uno si sentiva male durante l'ora di lezione lo si mandava dalla bidella a prendere un tè liscio caldo.
Stavamo bevendo tutti roba fredda frizzante e ci piaceva, nessuno poteva negarlo.
Dipendevamo dal gas.
Era l'aperitivo, un'altra scusa per grazie, un altro bicchiere, sì.

Manuele Flcitt va in macchina, prende il trofeo, torna su con un pacco di cd,li distribuisce.

L'aria non la tagliamo più col coltello, la accogliamo bevendo dal vetro reso contenitore che ognuno gelosamente custodisce nella mano preposta.

La copertina è straordinaria quanto l'incellofanatura, tanto che la mia copia la scarterò soltanto il giorno successivo.

Ci sediamo a tavola tutti carichi. La maggior parte degli invitati sono maschi “adulti” dalla trentacinquina in su non abituati a buttar giù vino a certe dosi.
Lo si taglia con il coltello.

Alla mia destra risiede Robert Fripp, alla mia sinistra giace l'ospite misterioso, alla quale sinistra c'è un Giacintoinsegnantedichitatrra alquanto alticcio, alticcissimo e poi, via discorrendo, Lu capo, gli addetti ai fiati, il bassista del disco, Andrea Tattoni lo stevevaiano vip dell'album, e un albume di altri invitati ignoti, tecnico del suono/produttore tralasciando.

Infrango il voto vegano, di conseguenza i poteri psichici promessi a tutti i non consumatori di carne svaniscono con gamberoni, seppie coi polipi, alici marinate in culo a un marinaio e siamo al primo.
Anche se cerco di contenermi la polizia vegana ha già poggiato il suo raggio deveganizzante su di me.
Penso a Scotto Pilgrim, ai suoi poteri non vegani. Mi sento solo.
Poi mi sento in compagnia.
Poi mi sento come una donna col ciclo.
Mi riprometto di curare meglio il lato femminile di me sperando di eccellere maggiormente nelle discipline a sfondo artistico.

Bevendoci su.

A capotavola Tattoni da il via al suo show caratteristico, mitizzando accadimenti del passato con la sua enfasi degna dell'artista genialoide megalomane bipolare che è, con la parabola de “Lu cinese e della volta che andarono in macchina al concerto poi la macchina prese fuoco con loro a bordo”.

Riassunta, la storia fa più o meno così.
Lu cinese, narcolettico mica da ridere gestore di un florido sexy shop abruzzese, intrinsecamente divertente e bassista (qua sèmo tutti artisti, mica no?!), appena presa la patente carica sulla sua auto Guido Lu capo (presente alla cena), Andrea Tattoni (presente/ubicato a capotavola), Domè (assente giustificato) per recarsi ad un concerto blues a ben dieci chilometri di distanza da casa del Cinese. Egli è rinomato per muoversi il meno possibile, in barba a qualsiasi maestro zen.

Motivazione?
NON GLIENE VA!

Guido Lu capo, iper turbato personaggio, nonché uno dei più grandi chitarristi blues mai sentiti (il blues non mi piace; Guido può farvelo amare) avverte un aberazione nel motore del veicolo, qualcosa non va.
"Cinè, cinè, non sentete n'odore shtràno?".
In sottofondo Albert King strimpella nella compilation di musssicccasssetta.
Nessuno presta attenzione all'allarmismo del Capo, abituati al suo normale sentirsi allarmato.

Il secondo ad accorgersi che la macchina sta prendendo fuoco è Tattoni che, con la coda dell'occhio scorge copiose fiamme zampillanti alzarsi dal ventre del bestione di lamiere.
Urla disperate, un acre odore di macchina bruciata.
Su di una strada a scorrimento veloce accostare diventa un problema, l'acceleratore si spinge oltre le aspettative (attuali e future) de lu Cinese.
Si è appena patentato, gli è stato conferito un master più onorificenza dalla scuola guida locale intanto la macchina gli si rivolta contro, cedendo al desiderio di lasciarsi andare a un raro fenomeno di auto combustione spontanea.

Appena trovato modo di smettere il moto, i passeggeri urlanti e l'autista abbandonano il mezzo, allontanandosi a gran velocità, reduci da un prolungato rodaggio a base di action movies anni ottanta.

Negli anni ottanta c'era l'abitudine di presentare una realtà diversa – come al solito- da quella reale, come anch'io ho personalmente ho potuto costatare di persona.

Se volete, potete controllare un post di circa quattro anni fa, mi pare s'intitoli "registi di hollywood ci avete mentito".

Questa ampiamente divulgata credenza, che ha dato filo psichico da torcere ai personaggi della storia, vuole che una macchina in fiamme sia prossima a una devastante esplosione.
Mirabolante esplosione.

Sì, è così.
Nonostante un'automobile non sia a metano detona e deflagra con fiamme.
Ci raccontavano questo.

So che non è vero, dal mio balcone ho osservato una macchina incendiata prendere fuoco e bruciare per più di un ora senza saltare in aria, con mia madre che strillava preoccupata (ci trovavamo a circa duecento metri dal fattaccio) : - Allontanati, se ti prende una scheggia in faccia o nell'occhio?

Tornando ai quattro.
Corrono a gran velocità, scappano dal veicolo che di lì a poco esploderà travolgendo tutta la fauna locale per vari metri quando ad un certo punto lu cinese si blocca e strilla: - NOOOOOOO, LA CASSETTA D BIBBICHING - , allorché torna indietro, apre lo sportello infischiandosene delle lingue fiammanti, spinge eject, estrae la cassetta del noto bluesman, si tira indietro, corre e la macchina esplode poco prima dei titoli di testa.

La machcina non è esplosa, ovviamente.
Ciò che è stato geniale traspare cristallinicamente nell'aver salvato la musicassetta a discapito dell'estraibile autoradio.
In seguito lu cinese affermerà: - No, era la cassetta dellu capo, m dava troppo ushto ("gusto" N.d.T.) e la so ripiàta.

Un paio di forestieri accostano porco distante dal falò, chiedendo informazioni. "Scusate, dov'è il Silver moon".
Il cinese, nero di fiamme strilla: - Shtà ngulo a la puttana d mammeta, la màchina s'ha bbrshata, nnu vìd?

TRADUZIONE: "Nel deretano della meretrice che ti generò, il mio autoveicolo ha preso fuoco, non lo puoi constatare da solo?”.

Tornato a casa, stanco come sempre, il cinese si trova di fronte il padre, ancora sveglio nonostante la tarda ora.
Avviene il seguente dialogo.

"....?".
"... eh? Chvvuù?".
"...?".
"La màchina ha piàto fùc. Mo domani la vado a ripià".

Il cinese si reca a dormire.
L'indomani va al bar Kikos, prende cornetto ai frutti di bosco, cappuccino. Legge il giornale poi viene scortato tra le macerie.

Molti dettagli della storia mi chiedo come siano emersi – Tattoni non era presente quando il cinese è tornato a casa, quando si è messo a letto ed ha avuto gli incubi con Lu capo che faceva il muratore e per sbaglio rompeva una mattonella e dal buco vedeva una che si stava facendo la doccia nell'appartamento adiacente, sebbene il cinese smentisca e ometta questa come altre parti del racconto - , però è stata una goduria, risentirla dopo molti anni.

Divagando divagando, non mi metto a raccontare le altre sei/sette storie fulcro della cena.
Tattoni il cantastorie è... dovrebbero farlo della mutua.
Nel senso.
L'iper depresso Tattoni, in compagnia sfoggia tutto il meglio del proprio sé, inteso come EGO CONDENSATO; effetti umoristici puri; i malati terminali dovrebbero avere diritto ad almeno un paio d'ore mensili in compagnia di questo figuro.
Gioverebbe non poco alla salute.

"Mo vado a fumà", informo l'ospite misterioso alla mia sinistra, dopo che abbiamo parlato di musica, dopo che ho scoperto che è un pianista jazz che adora il banco del mutuo soccorso, come me pensa che "Darwin" sia uno dei più grandi dischi mai concepiti e incisi su vinile, dopo che ho scoperto che da cinque anni è un avvocato civilista/penalista.

Cornice, il mare sconfinato, da qui si vede l'Albania, ci garba, di politica ce ne sbattiamo il cazzo, parliamo di cause, del mio vecchio avvocato defunto che, per certi versi, è stato un sorta di "guida morale" per l'avvocatopianista .

Beviamo.

Dentro passano alla storia in cui Lu capo , un Capo giovane di vent'anni fa, con la maglietta di Hendrix, rimorchia una seducente fanciulla in una festa, spariscono per circa quindici minuti, copulano, poi ritornano in mezzo agli invitati separati da almeno venti, trenta metri, senza rivolgersi lo sguardo, contrapposta alla storia dell u Capo e Tattoni che vanno a vedere una partita in treno, si addormentano, si svegliano a cento chilometri dallo stadio, Tattoni tira il freno, il treno si ferma, gli fanno la multa e parte la causa in tribunale.
Persa.

Parlo con Giacinto, dice che una sera ha litigato, incazzandosi di brutto, con suo figlio perché questi suonava molto, TROPPO MEGLIO DI ME, contandoci che Giacinto suona mirabilmente jazz (ha suonato con Franco Cerri, Joe Diorio e altri grandi) da oltre di trent'anni, mentre il figlio non solo suona da pochissimo, teoricamente non conosce una mazza, manco come si fanno gli accordi base sulla chitarra.

E ci beviamo su.

Manuele fa un discorso sul disco.
Genesi e fenomenologia.
Discorso da testimone al matrimonio.
Applausi, lacrime.
Dave Gahan a sua volta tiene un discorso mettendoci di mezzo il padre catechista, al quale il promotore della cena ha dedicato l'album. Giacinto ha contro narrato un aneddoto di quando questi era ancora in vita e sputante, facendolo scoppiare in un mare di lacrime.
Sono molto coinvolto, l'atmosfera s'è fatta leggera, non solo grazie ai dodici ettolitri di vino. L'amore, la comprensione, l'UNIONE è percepibile.
Siamo un nucleo positivogenerante.

Manueleminsegniasuonare?! schiaffa nel suo pc portatile il cd.
Concentrato mi siedo di fronte alle casse.
In tutto sono nove pezzi; quattro arricchiti da collaborazioni esterne. Ci sono due miei soli, uno di Tattoni, uno de Lu capo, uno di Giacinto.
Indipendentemente dal gusto, dalla bellezza dei brani, nasce una gioia dal fondo dello stomaco.

Arriva il “mio” pezzo – è la prima volta che lo ascolto fatto e finito – chiamo Giacinto, mi abbraccia e gode, dicendoche è molto rooook, si compiace, forse pensando che c'è tanto del suo indiretto in quell'assolo, di fatto ci sta, a tredici anni fu lui ad iniziarmi al cammino iniziatico sul percorso dei Led Zeppelin, degli altri rocckettari che – si presume, a quanto dicono gli invitati – sia da attribuire all'influenza stilistica dell'assolo, composto in quel triste periodo di cui ho parlato, natale maledetto in cui ERO blues.

Ogni musica ha la sua sensibilità.
se un "genere" non lo hai dentro, non riesci a sentirlo, non puoi suonarlo.
Il blues non lo ascolto con le orecchie, non mi scorre nelle vene, non so suonarlo; a quanto mi dicono, Tattoni in primis, ho fatto l'assolo più bello.

Tattoni continua a ripetermi che sono Morgan Spurlock, allorché ogni tanto gli dico in americano masticato che mangerò un mese, colazione pranzo cena, da McDonald.

Come al solito, quando i bicchieri non si contano più secondo sistemi terrestri conosciuti, cambio personalità, divento Antonio Rezza.

Non ricordo quale studioso diceva che parlare con la voce di un altro aiuta ad ampliare le proprie capacità perché immedesimandocisi in un'altra psiche/persona si diventa questa, si agisce sfruttando le medesime potenzialità.


Giacinto non solo conosce Rezza, lo venera, e sgorga in lacrime per il ridere. Per tutta la sera ho fatto Rezza (avverto un grande feeling se inizio a parlare come i suoi personaggi), Giacinto ha collassato – anche perché aveva bevuto di brutto – non l'ho lasciato rifiatare, e quando è andato in bagno a cagare, "non gliela faccio più odido mo mi mòro", dall'altra sponda della porta ho continuato: - Da quanno me so lashata cuffaushto shtò proprio bene, ringrazhiando ddio".

A fine serata ERA un sorriso beatissimo, poltriva appoggiato alla mia spalla, dormiente, così recitavo la pietà del Mantegna.

Si è svegliato, è andato in bagno a piangere.

Questo era venerdì.

IERI SERA, SABATO 7/05/11

vado al bagno anch'io, giacché non mi stacco dallo schermo da un'ora e mezza.
Ore alla tastiera; non sono un tastierista; è la vita che ci inganna o siamo noi ad ingannarci?
La seconda.

Mi sveglio, VENERE LA CENERE, SABATO L'ABITO, in stato di quiete.
Non mi divertivo da molto, molto tempo.
Serata memorabile, dentro me ancora vagano quelle sorridenti endorfine, gaia serotonina prodotta dagli ettolitri di sangue di Bacco, dall'ego pompato dall'aver fatto sganasciare la platea al punto che l'ego ferito di Tattoni mi è stato da monito per la mia palese megalomania, quando gli ho rubato la scena.

Un sole meraviglioso filtra dalle tendine color or, l'essere brucia tra i suoi raggi, godo di un benessere smisurato per un rincoglionito che ha bevuto ininterrottamente dalle cinque del pomeriggio alle tre del mattino e si è svegliato alle nove e ventiquattro minuti (ora del termostato Honeywell installato sulla colonna del soggiorno di casa dei miei genitori).

Vado a leggere "La sottile linea scura" regalatomi da Pj ieri.
Arrivo (mi piace leggere in macchina, di fronte ai centri commerciali), scendo, vado a prendere un tè all'automatico. Scarto il disco, lo ascolto, decido che mi è rivenuta sete, così vado a prendere un altro tè.
Chiedo a un signore se ha da cambiare due euro. Dice no. Sorpasso le porte scorrevoli, chiedo a un grassoccio strisciante che sta bevendo te in bottiglia se ha da cambiare. È un tossico, occhi inesistenti. Chiede se ho da prestargli dieci centesimi, comunque la macchina da il resto, egli dice. Gliene do cinquanta (ho solo pezzi da cinquanta). Mi tornano indietro quaranta centesimi di resto. "Perché lo premi il tasto, togli lo zucchero, ah, lo prendi senza zucchero, sì, è meglio, senza zucchero fa meno male".
Parlare di salute... lui.
Genialità.

Essendo dentro, in tutti i sensi, vado a farmi un giro in libreria dove la commessa me la farei con tutto il cuore e il fegato (di per sé malato, come cuore e cervello, oltre una diagnosi ehretiana).

Incappo nell'ultimo libro della mia amatissima Ann Rice, scopro che il nuovo romanzo riprende le gesta dell'amatissimo vampiro Lestat il quale inaugura il romanzo facendo sapere al suo “amato lettore” che vuole diventare un santo, vuole salvare la razza umana, vuole una sua statua a grandezza naturale in tutte le chiese del pianeta, pensiero vibrante sulle mie stesse frequenze, ora che ho deciso di scrivere un libro non narrativo, in veste di guru spirituale (dopo due romanzi, centinaia di racconti narrativi, fallimentari saggi in cerca di pubblicazione andati a vuoto).

Giro, giro, leggo due pagine del libro scritto da PADRE AMORTH sugli esorcismi ch'egli oggettivamente et inoppugnabilmente effettuò su persone possedute.
Quasi tutte donne.
Il diavolo è maschio eterosessuale a quanto pare.
Leggo di chiodi lunghi sette centimentri vomitati dalle vittime. Radiografie che non mostravano nessun chiodo all'interno dell'apparato digerente dei posseduti – poi ci aggiunge che le lastre non erano mai state effettuate a tempo debito, sebbene egli sostienga che no, non li avevano ingoiati sti cazzo di chiodi, potevano anche fargli una lastra ma no, non li avevano ingoiati 'sti cazzo di chiodi, è stato satana, è stato satana, è andato a mettere chiodi nella panza dei posseduti amore dell'improvvisazione.

Il diavolo, re del mondo, sorprende i fedeli possedendoli con trucchetti di magia.
Noveeuroenovanta.
Lo segno sulla lista delle prossime letture imprescindibili.
Volo al reparto santoni/grandi scienziati quantistici/ biografie di papi e politici decaduti.

C'è il nuovo libro del mio amore, caro buon vecchio David Icke.
Anche in questo appuntamento non è riuscito a sintetizzarsi, sfornando ottocento pagine di alieni, vaccini, altre malattie del cervello rettiliano.
La carta è meno densa, più appetibile delle altre fatiche Macroedizioni.
I primi capitoli sono autobiografici.
Non lo aggiungo alla lista di cui sopra; virtualmente l'ho comprato quando ho saputo che è stato dato alle stampe in Inghilterra.

Chiedo alla librara cos'è che vende di più.
Anche lei, come le altre librare interpellate nel mio sondaggio che va avanti da un po, dice che "The secret" e tutti i derivati sono padroni assoluti delle classifiche, il che rafforza la mia motivazione a partorire un testo motivazionale, così da lucrare sulle tristi speranze altrui*.

*Quando il libro verrà pubblicato e venderà un casino qualche indagatore dell'incubo troverà queste pagine e cercherà di sputtanarmi dicendo: "Visto che vi prende per il guru il guru? Non è un guru".

Be', amico fratello mio, io non sono un guru; sono solo stanco di vivere insieme alla mia famiglia; si fa quel che si può.

Apro "The metasecret" comecazzosichiama in una pagina a caso, l'idea basa su cui si svolgerà il MIO libro è già stata presa in esame da Bob Proctor (o Joe Vitale); uno di quei mafiosi col nome da mafioso lì.
Mi scoraggio, poi rifletto sul fatto che la gente, me in primis, non ne ha mai abbastanza di appesantirsi la psiche con puttanate dei vari autori millantatori, così prendo un altro tè (siamo a tre) e lo bevo in macchina.

Torno a casa, litigo a senso unico con mia madre, perché mi sono lasciato trasportare dall'immedesimazione in certe illusorie fantasie bambine del cazzo, così mi incazzo, rimonto in macchina, torno di fronte al centro commerciale per leggere.
Non sono proprio incazzato.
Mi brucia quanto sono bambino scemo.
Ci faccio una risata su.
Ozzy si trova a bordo di un treno pazzo.

Prendo il telefono, scrivo un messaggio: - E SE IO SHTO' CUSSI' MMALE, CHISSA' QUANDO SHTARA' MALE DUBBURA.

Arriva una chiamata: - Pronto? Be', la prossima volda vedi di esserlo sul serio.

Giacinto chiede dove mi trovo, dico nel parcheggio de "La torre".
- Qua a villarosa?.
- Sì.
-Be, mo venemo.

Arrivano lui e suo figliol prodigo prodigio. Faccio un po' Rezza a richiesta, parliamo di guitar hero, della musica che non soddisfa più le loro esigenze al di fuori del jazz (e li capisco).

Vengo invitato a VILLA GIACINTO per guardare un chitarrista ceco capace di suonare l'elettrica come una chitarra hawayana col tocco di uno stevie ray vaugah, suonando col manico poggiato sulle ginocchia.

Nel pomeriggio dovevo vedermi con Sara (speravo) perciò, - Ci vediamo verso le otto.

Tornato all'odiata casa rispolvero l'assolo – chiccazzo se lo ricorda? - , dato che dovrò suonarlo a breve.

Streching di dita, cardo mariano (prima bevo poi bevo tisanette depurative, pezzo di merda finto salutista), suono, suono per un'ora.

Solitamente, Sara si manifesta verso le quattro e mezza variabile cinque e venti.

Arrivano le cinque e mezza, Sara non esiste.

Le sei.

Un po' incazzato, non per il ritardo - nel pomeriggio ho meditato sul fatto che mi sento solo, che nessuno mi vuole bene, bla bla bla tutte cose adolescenziali da ubriaco mestruato - telefono a Sara.


La sveglio.
Non stava bene, s'è addormentata intorno alle due.
Spacco casa il giusto, calci volanti contro le porte, scheggio un mobile, un calcio girato alla porta della cucina forte da rovesciare il mobile coi bicchieri e piatti in sala (parete adiacente).

Vomitando la violenza accumulata durante lo scontro con mia madre.

La maggior parte dei nostri genitori ci ha "creati" per moda: ci si deve sposare, conseguentemente si devono fare figli, il bene più prezioso d'un par' di palle.
I genitori non vogliono bene ai figli, li usano per i loro scopi, infausta illusoria continuazione di sé stessi da modellare, apporre toppe virtuali sul proprio passato.

So certe cose e mi lascio coinvolgere emotivamente da ste cazzatelle da telenovella spicciolissima pure a 27 anni.

Coglione.

INTERMISSION.
Pausa pranzo.
Ora che scrivo di ieri, per i più è la festa della mamma.
È sempre a festa della mamma.
Festa dell'ego della mamma.

SBALZO SPAZIOTEMPORALE: OGGI, DOMENICA 8/05/11
Il ragazzo di mia cugina indossa maglietta del milan, hanno vinto lo scudetto.

Intorno al capezzale imbandito di cibi transegenici il juke box dei dannati suona il disco di sempre.
Non ho sofferto; dentro serbo la pace di...
Fatemi finire di raccontare.
... visto?
Sto scrivendo da solo, da più di due ore, IO DA SOLO, non c'è nessuno a rompere i coglioni, ma avverto come un virtuale scassapalle, non mi fa parlare, così mi rivolgo a un'audience nel mio cervello, chiedendogli tempo per terminare la masturbazione.

Il cancro, l'aids (se esiste) sono barzellette a spessore Lino Banfi, paragonate ai mali dell'ego.

SBALZIO SPAZIOTEMPORALE: IERI, SABATO 7/05/11

18:30 circa.
Vado a gustarmi uno degli storici tramonti che si scorgono sulla veranda del locale di Vanni, a pochi metri dal mare.

Un simil marocchino siciliano di sconosciuta provenienza, fuori di melone come semi esplosi dal nucleo – in un discorso riesce a collegare parole, concetti, situazioni senza senso toccandoti, mettendo la mano sulla spalla dell'interlocutore, spinge, sputa, mira agli occhi e “scusa se ti sputo, quando parlo sputo” coddio allontanati, no? - che tempo fa riaccompagnai a casa, ubriaco da giacere al bordo d'una panchina per più di tre ore a bestemmiare, a farfugliare enigmi in arcaiche lingue ringrazia per l'altra volta, offrendo mezzo litro di rosso.

Ridevo accomodante, ascoltando non discorsi che avrei voluto non sentire, ed è arrivato il buddista. Senza variazioni dalle altre mille volte con cui “non” ci ho parlato, ha aperto bocca e ha fatto ruotare l'intero asse terrestre, tutto ciò che ne consegue (al dettaglio) sulla sua persona.

Ero abbastanza avvelenato; una serata perfetta, una mattinata messianica e punizione, oddio come farò, come farò, col buddista che fa domande di circostanza per proiettarsi al punto, l'unico vero punta della vita, quando si parla di lui, ME ME ME, IO IO IO, DI FATTO IO, INSOMMA IO, SECONDO ME, PRATICAMENTE IO.

Salvatelo.
Vi prego.
Una volta salvato, compiacetevi.
E prendete le redini del carro che stava guidando lui.

Bla bla bla, - Mi ho rivenduto una chitarra.
Per prenderlo per il culo palesemente ho strillato BRAVO.
Ha pure sorriso, lui, che non è stupido. La dice lunga sulla cortezza.

Parole, parole.
Scappo da Vanni, per farmi intrattenere con brandelli di vita passata tra nebbiose colline del bergamasco abbracciando alberi, ignudo, immerso nella natura dei primi favolosi '60.

Meglio.

Mi trovo a mezzo litro e due rinforzi da 25cl.

Le 20:00, l'incontro con Giacinto.

Casa sua.

Non ci entravo da un pezzo... dopo che non ci andavo un decennio.
Tutto cambiato, iper tecnologizzato.
Il regalo dei fgigli giovani d'oggi!!!
Postmoderni spara luce aggrovigliati, chitarre, libri persino sul pavimento, un kurzveiliano studio di registrazione ricolmo all'orlo di aggeggi singolaritariani (mixer, pedaliere, effetti speciali varii) , una libreria zeppa di manuali d'alchimia, biografie di cazzoni patentati, romanzi misconosciuti, manuali su come masturbarsi l'anima.

Iper tecnologizzato universo, regalo d'aggiornamento per i genitori dai giovani di oggi.
Anche Giacinto ai suoi tempi non era da meno; litigava con la moglie ogni volta che comprava un libro. Avevano un appartamento, una cantina e l'appartamento dove vivono dominati da libri libri libri, da far tirare le cuoia al Burgess Meredith "Mickey forever" nello storico episodio di "Twilight Zone".

I-mac.
Una rassegna di chitarristi viventi tra le onde della realtà aumentata.

Anche solo "accompagnare" un brano gipsy jazz va oltre le comuni capacita.
Parlo di centinaia di plettrate al secodo, decine e decine di accordi sviluppati per tutto il manico a velocità insostenibili.
Senza sforzo.

Un ragazzo suonava Sultans of Swing da solo con l'acustica scandendo ogni microsecondo di tempo sublimando, superando basso, chitarra ritmica e batteria della versione originale.

Stiamo andando a cena, vieni con noi?
La sera prima avevo commesso la grave infrazione (cena di pesce), e si ripresentava l'occasione che all'accademia vegana condannano con tutta la psiche.
"Vado a casa a prendere i soldi".
"Tìng ottanta euro, basteranno per una cena per tre, no?".
"Ah", faccio io.

CAPITOLO 2:

IL CIRCOLO GENZIANA.

Il ristorante di pesce rigoglioso risplende di fronte l'appartamento dove ieri sera si è svolta la prima infrazione.
Il locale lascia pensare a “solo per sedersi vorranno dieci euro”.

Carinissimo.
Sobriamente sofisticato senza essere spocchioso.

Sì cara, portami il trincia sigari che me lo infilo nel culo, amore!!!
Quei posti lì.

Però 'na figata.

Il figliol prodigo collega i suoi cinque sensi a un universo multimediale creato dall'I-phone nuovo di pacca, tirato fuori dal marsupio. Si intrattiene con un programma che permette al giocatore di scaraventare a grandi distanze una gallina che dovrà distruggere non ho capito cosa.
L'evoluzione della specie sta compiendo passi da gargantua nell'universo virtuale: puoi andare a mangiare animali parzialmente decomposti, contemporaneamente sparare una gallina da un cannone nero, distruggere scenari di palafitte e paesaggi arborei.

La cameriera a prendere le ordinazioni.
Giacinto non beve, si sente uno straccio. Fa una paternale – onesta - sul bere, sull'eccedere.
La cameriera chiede se vogliO un calice o la bottiglia.
Sono ospite, - Vada per un calice, - anche se al secondo reload, felicemente arresa, ha lasciato la bottiglia sul tavolo.

Fottutamente finita.


Rezza, su richiesta di Giacinto.
Un commensale, faccia da serial killer, capelli incatramati, - E' Rezza. Geniale. Lo fai benissimo. Ho visto tutti gli spettacoli a teatro. Mi manca “7 14 21 28”. Le mie bambine (presenti, una di 3 l'altra di sei anni; tra una ventina d'anni andrò a trovarle, si vede che diverranno grandi tope come la mamma, minigonnata e triste al tavolo dietro il nostro) sanno tutte le battute a memoria, passano pomeriggi a guardare i filmati di Rezza cu faushto*. L'abbiamo anche conosciuto a Roma.

*Questa l'ho inventata per divertirmi; è tutto vero fino a “pomeriggi a guardare i filmati Rezza”.

Racconta di quando Rezza si incazza, tipo quando qualcuno del pubblico arriva in ritardo alla spettacolo ed Egli chiede: - Dove siete stati? Dormito bene? - , oppure quando un bambino in prima fila s'addormentò e il Maestro chiese ai genitori: - Perché lo avete portato qui, cosa lo avete portato a fare? Siete sicuri che si risveglierà?
Scese dal palco, andò dal bambino dormiente, gli mise intorno al collo una corona di fiori.

Il tizio si liquida, torna a svolgere il ruolo di padre a cena con la famiglia.

TELECAMERA SUL NOSTRO TAVOLO, VICINO ALLA FINESTRA DA DOVE SI VEDE L'EDEN GALA.

ARGOMENTI: Studio, scuola, no cazzo, non intingere il pane nella brodaglia pepata delle cozze.

Alimentazione.

Espongo le mie “scoperte” che lasciano i due a mascella fratturata.

POI

Senza saperne molto, frivolamente giungiamo alla fisica quantistica, alla meccanica celeste.
Il figliolo prodigo, Giuseppe, anni 15 OGGI!!! - fa un discorso.



'St'estate giocavo a pallone con Massimo di fronte all'Eden Gala. Un pomeriggio abbiamo visto un film horror, come si chiamava, non ricordo il titolo. Ho iniziato a pensare alla morte da quel giorno. Non ci dormivo la notte. Per tre mesi non ho dormito una notte.
Non viviamo il presente, stiamo sempre a pensare a un momento che non arriva; se arriva ci mettiamo a pensare al momento dopo.
Mi sono fatto un sacco di domande.
La mente cammina, MI corre, s'accelera, e ho paura, perché arrivo a un punto che non ho il coraggio di spingermi oltre, perché la testa parla diversamente da come pensano tutti, ed è sbagliato. No, cioè: non so se è sbagliato; ho paura che una volta iniziato a pensare diverso non si può tornare indietro, perciò continuo a vedere come ho sempre visto, anche se so che non è così. E' UN ILLUSIONE.

Giuseppe, figliol prodigo, 15 anni AL GIORNO D'OGGI è arrivato dove sono arrivato io dopo centinaia di euro versati a Macroedizioni.

21:30.
Ipoteticamente, tra mezz'ora inizia il concerto per promuovere SOPHISTICATED SOUND MACHINE.

Giacinto si alza, - Ntanto vado a pagà”.
Mi complimento con Giuseppe per la profondità con cui affronta la vita, nonché un livello di maturità che alla sua età nemmanco potevo ipotizzare.

- Volete il caffè? Un amaro?”.
Mai farmi questa domanda.
Cioè, se mi volete bene.

“Ce l'ha un Cinar?”.
“Cinar... no, non ce l'abbiamo. Abbiamo Fernet”.
“Shhhh, coddio?”.
“Scusi?”.
“No, mio dio, no, è forte. Una genziana?”.
“Certo. UNA GENZIANA”.

Da qualche parte, una folla applaudì l'eroe per la scelta.
La folla lo acclamava, il liquido giallastro impregnava l'anima sua, per destreggiarsi in uno scivolo da parco acquatico dei desideri, cadendo a picco verso le budella, per stanare il fegato e deflagrarlo poco a poco.

Saliamo in macchina (in questo racconto ci sono molte salite in macchine, lo so, però non posso fare altrimenti; se io salivo... salivo, no?), dall'ombra del suo portone Manuele Flcit, star del momento emerge come un sottomarino militare, lasciandoci basiti - pensavamo fosse andato al locale per fare il sound check e cazzi vari.

STASERA la sua ragazza indossa un paio di scarpe.
- Sono povero, posso darti venti euro se mi calpesti un paio di minuti. Fa comodo pensare che stava prendendo in considerazione la richiesta.
Aveva anche un micidiale capello a caschetto che io associo a...

In realtà le ho fatto la richiesta solo nella mia mente.
Alcool e ricordi si mischiano, alchimia pancreatica di uno che era dal mattino del giorno prima che non eiaculava e, visti gli standard del condannato significa UNA VITA senza versarmi sul petto cento milioni di figli mai nati.

Manuele ride, anche se non ha capito che stavo scherzando.
E ha capito bene perché poche volte sono mai stato così serio.

Sì, alla fine gliel'ho chiesto.
Per essere sicuri di avere una risposta positiva, certe domande a certe persone non si devono fare in pubblico, ciò significa che sì, si possono fare non di fronte alla platea moralista.

Venti euro: berseli o farseli calpestare?

Nelle casse suonano Evans, Scofield (goduria assoluta) sulla strada quieta.
Gra-zie genzia-na gra-zie!

Srotolato sul marciapiede un tappeto rosso, riflettori su piedistalli alti più di due metri.
Mi estranio, sono a New York.
Una folla chiassosa all'esterno, un tugurio di anime al bancone.
Saremo in circa duecento.

Pensavo di trovarci quattro amici intimi; una succursale della sede centrale di Facebook è riunita a cospetto di pedaliere e amplificatori Fender.

Quando vedo la folla mi sfollo.
Prendo una genziana, prendo Giuseppe, li porto lontani dalla marmaglia per continuare il discorso tramortito dalla genziana precedente.

Giacinto mi dice che il proprietario del ristorante gli ha telefonato. Ho dimenticato il cellulare sul nostro tavolo.
Non metto mai il cellulare sul tavolo, lo lascio a fallire in tasca.

Di Manuele non c'è traccia, sono le dieci e mezza, sono completamente fuori di me, anime stanno dicendo niente.
Come una scarica d'adrenalina, di colpo mi sento a mio agio.
C'è la mia professoressa di storia dell'arte delle scuole medie.
Le parlo degli spettacoli teatrali sulla dislessia che stiamo portando in tournee in giro per le scuole abruzzesi da un paio di mesi, di come le nuove generazioni mi stupiscano e m'allarmino.
Lei da 35 anni ha a che fare con migliaia di ragazzi in età preadolescenziale, può darmi consigli.

Una fregna inenarrabile da mettersi a piangere varca la soglia.
Sto sentendomi male.
A tette di fuori.
Una sesta, no, una novantesima – credo - le trasporta appresso appena appena coperte da una leggerissima camicetta di cotone verde a fiori. Un santuario sorvegliato da un buttafuori alto due metri, faccia corrugata in “ti spacco il culo poi me lo fotto se solo tocchi”.

La professoressa di storia delle superiori.

Le dico che grazie a lei ho imparato ad apprezzare la storia; avevo la media del tre in tutte le materie, però in storia avevo la media dell'otto e mezzo come tutti i maschi eterosessuali a cui insegnava.

Occhioni languidi.
Parla, “sa che suono”, non capisco cosa dice, non registro, l'esercizio consiste nel sembrare disinvolto, guardarmi in giro, per nessunissima ragione guardarle le tette, occupanti un buon 75% del campo visivo di chiunque le stia attorno nel raggio di sei metri.

Non so per quale ragione mi fa i complimenti.
Ricordo, diceva bla bla bla, “comunque complimenti”, e continuavo a non interessarmi alla tette, alle gambe, a quegli occhi, a quel cristo dei cristiani, penso inizierò a crederti, d'ora in poi.

Per il “rispettarti”, be, è chiedere troppo.

IL PAVIMENTO VIBRA, MANI SBATTONO COME MACCHINE SULL'AUTOSTRADA, TREMANO LE VETRINE.

Capiamo perché quel coglione ci metteva tanto ad arrivare.

C'è una Lincoln super Strech da 8,70m* (l'ha detto l'autista), accosta di fronte all'ingresso del locale.
La band scende dalla limousine salutando irradiata dai riflettori, osannata dai sussultanti fedeli.
Manuele fa il segno di vittoria come usava fare quel massone di Churchill.
Si guarda attorno senza fissare nulla di particolare.

*Andrea Tattoni ha offerto una limousine a suo cugino, Manuele Flcit, per la modica somma di cento euro all'ora, “pe' fa' 'na mattità, fa' le cose in grande pe' ridere”.

Avanzano sul red carpet da divi.
Il locale è piccolo, la strumentazione della band occupa circa 34% dello spazio disponibile, il fare da divi dura dieci passi.

Vado a parlare con Mr.Guitar. Dentro me rido. Conoscendo lui, il cugino, potevo benissimo aspettarmi entrate in pompa magna.

- La quinta traccia è un capolavoro.
Tengo per me un'ossessione alcoolica: la canzone dove ho suonato è stata collocata al sesto posto, 6, il numero del diavolo, come le lettere che compongono il mio nome che, sommate alle lettere del mio cognome danno come risultato 13, numero esotericamente da teen slasher anni ottanta.

Se non inventassi problemi come potrei?

Parte il concerto.
Parto anch'io a prendere una genziana.

La professoressa delle superiori veniva da molto lontano, così come è assurdo vedere un vecchio amico in compagnia di una ragazza con cui sono stato in classe alle superiori per due anni, una brunetta che mi mangio i gomiti per non averla conosciuta carnalmente sebbene, a livello petting, ci siamo detti molto più di quello che ci potevamo dire.

Lei insieme a Claudio.
Anni di droghe sintetiche, mischiate a libri di David Icke presero il controllo della mente di Claudio.
Tentò il suicidio perché i rettiliani stavano conquistando il mondo
La brunetta mi abbraccia frivola e languida, si mette le mani in tasca, tira fuori il mio cellulare.

Non chiedo come, perché, come mai, come è possibile?

Sorrido.

- Stiamo per andare via. Se dopo la serata, dopo, se ti va, chiamami, tipo se ti va che ci prendiamo qualcosa, una birra insieme... chiamami.

Non si rendeva conto di che serial killer le tette della professoressa e la genziana mi avevano fatto diventare.

Taccio.
Quando apro bocca poi non la chiude più nessuno, specie quando si creano situazioni tipo cazzo, sono stato senza scopare per un anno, ero solo come un cane in un canile abbandonato e ora che sono spiritualmente impegnato con una ragazza che mi appaga su tutti i fronti venite a darmela IN MASSA su di un piatto di platino contornato di swarowski?!

Sorrido.
Taccio.

Giuseppe mi porta la chitarra (l'avevo lasciata in macchina) e, come il film che penso ognuno di noi stia vivendo, Flcit fa un annuncio al microfono: - Ho l'onore di presentarvi un chitarrista che amo da sempre, il chitarrista che mi ha iniziato alla musica, IL MIO PRIMO MAESTRO: DIAMO UN CALOROSO BENVENUTO AL MIO AMICO ****** (e partiva il mio nome che, per un fatto di privacy ometterò, anche se voi sapete che sono Andrea Diarrea).

Tattoni maneggia pedali mai visti chiede se ci voglio più chorus, se il delay va bene oppure no, se il reverb sta bene oppure serve altro flanger, alzare i medi, il wha wha si controlla da qui e sulla spia verde.
Sono abbastanza interessato a quello che dice, seppur tocca aggiungere che trovarsi di fronte a mille anime collocate a nemmeno tre metri dalla tua faccia, sommato al fatto che ubriaco come sono la chitarra pesa più di dodici tonnellate, con le dita saldate tra loro con piombo fuso, è quanto di meno carino ci si possa augurare.

Parte il pezzo.
Un cieco sordo in una metropoli dove non esiste braille.
Non ci capisco un cazzo.
Che canzone è?
Perché mi avete portato qui?
Chi siete?
Dove sono?
Cosa mi avete fatto.
Scimmiotto fraseggi blues impacciati. Il brano è in re, me la caverò con poche note, partendo dal decimo tasto, in prima posizione pentatonica (la scala maggiore ora è impegnativa).

Il primo cinkciagare è una pantomima del solo nel disco.
Esulta come fossi dio tornato sulla terra, venerazione della mia lapide. Li sto prendendo per il culo, il volume non è alto da sputtanarmi.

Il secondo wahwahwah è in ritardo, ingarbugliato. Non ricordo, improvviso senza strafare, cedere a virtuosismi che non posso permettermi con una chitarra di piombo appesa come un cappio al collo.

Un applauso stile abbiamo vinto i mondiali per l'ottantesima volta di fila, e scoppio a ridere inciampando.
Dai, su, me shtete a pià pe' il culo o non stavate a sentì?


Fresco di successo festeggio con del fatale giallo versato in un piccolo calice dalla barista, una gnocca incontrastabile, anch'essa a tette di fuori.

Penso a “tette” penso a “professoressa”.
Sento il petto contrarsi.
Mani di donna.
Mani che facevano complimenti.
Era lei.
Era essa.

Per meglio descrivere la crisi psico ormonale che stavo combattendo. Ho sorriso e ho taciuto. Ho sorriso. E ho ringraziato.

È cosa buona e giusta.
Cosa buona e giusta.

Prima che il cervello obbligasse la bocca a straparlare sono scappato fuori a tutta birra (a tutta genziana), per poco non le spappolo i piedi confezionati, incorniciati, in un paio di scarpe vittoriane. Stavolta avrei sborsato cinquanta euro, trenta più di un paio d'ore prima.

Poi l'amica delle elementari.

CAZZO E', UNA RIUNIONE SCOLASTICA?

Forse la cena era tutta architettata, come il concerto. Una sceneggiatura scritta per farmi rincontrare le persone che appartengono allo scenario del mio passato.

Baci e abbracci.
Cantano del più, del meno, del per, del diviso,di logaritmi esistenziali - sì, oggi c'è il sole pure se è notte fonda, una bella giornata, sì, ci sta la crisi, ci sta la dissocccccupazione, però che ci vuoi fa').

TUNK.

ANCORA?!
NO, DAI.
ME LU SHTETE A FA APPOSTA?

“Mamma mia, hai messo su un fisico”, mi accarezza il petto, le costole.
Di quale fisico stesse parlando non so (non faccio pesi, non vado a correre, mi limito a leggere fumetti, a masturbarmi; sarà quello), rimane che occhi languidi (un nuovo ordine iniziatico?) mi toccava, MI CAREZZAVA e con gli occhi stava cantando un'altra canzone.

Poi mi bacia.

Sulla guancia,.
Altrimenti ora sarei in cella e non potrei scrivere questa storia.

Il discorso diventa fitto, dotato di spessore - alla terza birra che mi offre.
Viene fuori che non sta più insieme a Vincent Cassel ( ribattezzato così perché è... è lui).

Pausa.
Silenzio.

L'ipotesi da Thruman show inizia a diviene realtà.
Duecento le persone tacciano all'unisono.

Dico che vado a prendere una genziana.

- Mi porti una birra?
- Certo, come no.
- Ah, se vuoi, prendine un'altra pure tu.
- Perché no?

I figli, la vita, la crisi, sono rimasto in ginocchio ai suoi piedi - non riesco a stare seduto con l'intestino batte sulle costole, tanto è tumefatto - , rimettermi ad altezza standard, camminare sul pavimento sembra come levitare in un ambiente siringato di liquido amniotico.
I contorni delle cose danzano.

Progetto H.A.R.P. : se avessero dato il via a una danza perpetua di onde elettromagnetiche in grado di destabilizzare l'equilibrio psicofisico del genere umano, alterandone le percezioni per dominarlo?

No, come prima, senza ghiaccio.



Sei genziane.
Ieri sera un litro di vino, una decina di genziane, quattro birre, senza sborsare un euro.
Sono stato corteggiato, osannato, palpato, invitato, stupito, informato.
Non iniziate a pensare che la mia vita sia più fica di quella delle genti narrate nella bibbia?
Se proprio dovete lodà qualcuno, lodate me.


Ieri sera sono stato palpato.
Era tutto un palpare.
Serata pulp fiction.

Giacinto chiede se voglio tornare con lui. Mi rendo conto di aver bevuto troppo poco per essere appena le tre del mattino. Ringrazio dirigendomi verso gli amplificatori orfani. Chiedo se posso suonare un pezzo sul fender valvolare imbellettato di aggeggi speciali costellati di effetti più che speciali.

Nella fantasia suono il tema de “Il cacciatore”, dalla chitarra esce un suono simile a una sega elettrica che strappa una lavagna ruvida da parte a parte.
Gli applausi divengono restii, per non dire minacciosi.

- Andrè, spegni quella cazzo di chitarra, dice qualcuno.

Dico - Non è la chitarra accesa, sono io che sono spento; l'amplificatore è acceso e mi prendi un'altra genzi9ana?

Pur di mettere fine al sacrilegio iniziato vengo accontentato.

Per la prima volta durante la seconda parte della serata mi siedo.

Sono in una camera iperbarica, liquido amniotico cola dalle pareti.

Mi riconnetto all'avvocato, ci rimettiamo a parlare di Darwin, osannando i fratelli Nocenzi.

Rubo un pacchetto di salatini lunghi e lo mangio mentre vengo trasportato a casa in stato pietoso.

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