lunedì 29 ottobre 2012

DIURNO NOTTURNO




Esci alle 4 del mattino, passeggia per Valeggio. Sperimenterai cosa significa deserto. Palazzi guardiani, bagliori d’insegne accese illuminano le ombre di nessuno. A ogni passo, in ogni suono hai la sensazione di profanare qualcosa.



Ancor’ viaggiando sui binari del parallelismo col deserto, le strade mattutine di Valeggio riescono a riproporne il medesimo silenzio - percepito dall’osservatore come un continuum perpetuo, il quale ti colloca al centro di un immaginario (e immenso) ∞ , spronandoti a muoverti in esso come un liquido.

Sono le 4, tra neanche 2 ore tutto ciò verrà rimpiazzato con la giungla sonora caratteristica della civiltà, eppure qualcosa dentro ti dice di continuare a camminare dosando i passi per rimanere in sintonia con l’atmosfera, come se essa fosse il pentagramma e tu l’insieme di note che lo riempiono.

Guardandoti attorno – con estrema calma – riuscirai a percepire la staticità della materia.

Il crocifisso della chiesa, bianco e blu fiammeggiante, sembra inquadrarti col suo fascio di luce, setacciandoti al dettaglio. Sembrerebbe che il crocifisso stia “indicandoti il cammino”; sei un anti iconoclastia troppo maturato per permetterti una simile metafora.

Forse è la cosa più alta che c’è qui intorno.

Le ali di un aeroplano fendono spirali d’aria rimbombando nella notte della mattina di lunedì 29 ottobre 2012.

Quasi sento le mura delle case, i mattoni si stanno muovendo, si ribellano alla prepotenza del velivolo che deve avergli disturbato il sonno.

Una manciata di istanti. Tutto si riconverte nel fotogramma precedente.


E tornano: silenzio, staticità; unici padroni di una fotografia in continuo scatto.

Ciiic.
Ammmm.
Soooooo.

Accendi la sigaretta, aspirando assopito, in contemplazione. Rallenti il passo per poterti amalgamare al non ritmo – come fosse possibile plasmarsi su questo silenzio - senza perderti dettagli del fotogramma – ora in pausa - nel quale sta muovendoti a passo quasi snervante.

Abitualmente cammini più energicamente quando è così ghiacciato; la temperatura ti tange il corpo, nulla più.


Stai cercando di ascoltare se il fruscio della quiete inneschi meccanismi uditivi.


Vadim Zeland descriveva il “fruscio delle stelle del mattino”.

Stelle, pianeti, corpi celesti; non c’è niente.

Frusciar di macchinette delle sigarette. Due led intermittenti catturano i lati dell’obbiettivo; qualcosa oltre te sta muovendosi. Fumo dalla bocca, luci del distributore ammiccano desiderose che avvenga un contatto.

Vogliono che immetti in loro qualcosa di tuo, e loro ti daranno del loro.

Nel deserto senti di avere qualcosa in comune con una macchina.

Decidi di isolare la mente, osservare ciò che gli occhi vedono, ciò che gli altri 4 sensi si illudono di percepire senza apporre etichette a sensazioni e pensieri, divenendo osservatore passivo.

Essere.


Taaaaam.
Rintocca la mezz’ora dopo le IV.
Dalla brocca dell’angelo al centro della fontana sgorga acqua sull’acqua dentro il cerchio di pietra.

Conigli spalla contro spalla, fiori incisi a pressione nel muro dell’osteria di fronte l’edicola del complesso residenziale.


Parchimetro sull’attenti.

Bicicletta parcheggiata, ruota anteriore incapsulata tra parallele in ferro.


Manifesti teatrali, ricordi di anniversari, ricorrenze.

Gocce di condensa dall’alto fluttuano ondeggianti - ponendosi in controluce, tra segmenti del prisma visivo messo in evidenza dall’occhio giallo del lampione - danzandosi attraverso l’un l’altra, nel nulla si stampano, originando vuoti suoni.

Videoschermo brilla animazioni commerciali.

L’agguato di un gatto dietro il bidone del vetro rosso.

Espositori, titoli di prime pagine giornalistiche tacciono, farciti dei discorsi di ieri.

In lontananza, progressivamente giunge un mangiar d’asfalto; ruote in progressione.

Intermittenza sonora, neon, insetti attirati dai diodi; in essi scrutano l’abisso esistente tra i loro e gli occhi del gas.

Odore di giorni in attesa, profumo di respiri custoditi nei palazzi.

Nero su bianco recintato da rosso di cartello stradale - tramite cifre - regola l’assenza di attività.

Un piccione, per sempre sdraiato, fissa il nulla.

Ovunque c’è qualcosa, ovunque è qualcosa.

E tutto è niente.
La solitudine non esiste; esisterà solo quando il vuoto si svuoterà del suo contenuto.





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