lunedì 28 gennaio 2013

QUELLO CHE NOI (forse) SIAMO

- ... eh, sì, poi io sono diventata più... autoritaria. Gli ho iniziato a rendere la vita più difficile perché... perché... ma si può, dai?! E ha preso la multa, è andato in vacanza da solo, è caduto con la moto. Vedi? Vedi che comunque, la giustizia divina esiste?! Così si è incrinato il nostro rapporto.

- Sì, ueee, né, ma dimmi te, che cazzo vi siete sposati a fare?

- Paaaolo, sei sempre così sarcastico.

- Ma che sarcastico. È debilitàànte dal punto di visti fffisico... e daaal punto di viiista mentaaale. Cioè, se voi state così, ma che cazzo continuate a stare insieme a fare, néé?

- Be', perché i bambini... la famiglia...

- Sèènti, io sssabato do una festa a casa mia. Che fai, vieeeeni, né?

(sentita [origliata] stamattina al bar).

Quanto siamo belli?!

Se ci mettiamo a sentire le conversazioni delle persone attorno a noi non possiamo che rimanere ammirati in ammirazione e adorazione.

Strascichi di vita degli altri.

… non farsi i cazzi propri.

In effetti sembra un po' che vo' a origliare i cazzi degli altri; lo faccio per il bene della mia narrativa. E anche perché, un pochino impiccione, lo sarò. Ne?

Per discolparmi posso aggiungere che, se uno parla liberamente in pubblico è perché non teme di essere giudicato.

O più probabilmente, non percepisce gli altri, ottenebrato dal suo esorbitante ego sovrastante e sovrastatore).

O, ancor più probabilmente perché ci godono nell'essere “origliati”.

Sapete di chi parlo.

Quante volte vi è capitato di vederlo sul treno, in metropolitana, al bar:

C'è sempre un tizio (difficile sia donna) col cellulare in stereo-mondovisione che si dimena come un ossesso, e tra un gesto e un esclamazione plateale tiene dettagliatamente, accuratamente, minuziosamente, e fastidiosamente aggiornati TUTTI i presenti su TUTTI i cazzi suoi, analizzandoli dettaglio di fotogramma per particolari di dettaglio.



- Sì, sì, sììììì; tranquiiillo. È tutto in ordine. Sì, ho fatto l'ordine. Ne arrivano 22.232.342.352³ pacchi per domani mattina alle 7 col corrier expreeeesss. Sìììììì,ììì,ì. Noooo, ti ho detto: calma; tranquillo. Relax. Arrivano col 54% in meno sull'imponibile. Sììì. Poi la fattura, sììì. Ti ho detto, lo defalchiamo dall'Iva. Poi, casomai, gli altri li ricompattiamo con la bisneees class e li riconvertiamo in lingotti d'oro da pagare a vista del contratto col portatore, poi casomai, il mese prossimo andiamo a ricontrollare i registri del 2001 e vediamo, sì, no, vediamo se i parametri sono articolati col regolamento dei conti, sì, che poi, ecco, era quello, sì, l'obbiettivo azzzzsssiendaaaale della riunione di martedì sabato sera fa. A proposito. Sabato parto, sì, vado a fare l'annata bianca, sì, vado un anno a sciare per il uikkeeend, sèèè, no, ma il Ferrari glielo do su a mio figlio, mi ha stufato, voglio il Porsh, sì, tanto il mese prooosimo compie 18, gli ho già compraaato la patente e gli passo la macchina, no, gliela intesto anche, così se sbatte cazzi suooooooi.


Questa gente ha una vita lavorativa molto intensa, fatta di dati, costellata di percentuali, nomi, prodotti, azioni legali, commerciali. E non si vergogna affatto di farlo sapere all'universo intero.


A mio avviso 'sti qua prendono (segretamente) lezioni di canto; vedo questa azione urlatoria come una piacevole occasione per far apprezzare agli altri le proprie doti vocali; se non sai cantare (e parlare) col diaframma, non puoi andare avanti a menarla per un quarto d'ora filato, a volume spasmodico, senza andare in aritmia cardiaco respiratoria stramazzando al suolo dopo cinque minuti.


Vista l'era HI-TECH in cui viviamo, altra caratteristica fondamentale di questi “urlatori dell'attuale condizione personale”, è un folto campionario di accessori analogico-digitali.


Primo tra tutti l'auricolare.

Solo cinque anni fa, ci fosse capitato di vedere uno che parla animatamente da solo, ad alta, voce, subito lo avremmo identificato con uno sbarellato mentale.

Oggi è normale.

È normale; sappiamo che ci sono gli l'auricolari che ci permettono di conversare, svolgendo contemporaneamente altri lavori che richiedono l'abilità prensile delle mani (dotate di pollice opponibile, caratteristiche della nostra specie).

L'Urlatore medio ha 2 mani, che deve tassativamente tenere libere per:



1) Gesticolare enfatizzando la natura cruciale del discorso.
Curioso come il ricevente-diretto di tante informazioni non possa visivamente apprezzare lo show gestuale del “nostro”, il che ci porta a pensare che sia, in realtà, un regalo per noi spettatori-riceventi-passivi (coloro che si trovano intorno, coi quali, solo raramente, intratterrà una conversazione [occupato, indaffarato com'è, non avrà mai tempo per dedicarsi ad azioni che non siano “cose di lavoro”].

2) Afferrare, di tanto in tanto, uno delle decine di oggetti che si porta appresso, essendo egli, un uomo che lavora tanto, che non ha modo (tranne la notte tardi) di tornare a casa, il quale vive in giro (perciò) portandosi appresso l'occorrente per recitare la sua parte al top.

3) Sfogliare il giornale, scrutare dati che, in cuor suo, sa di non capire (e che comunque fanno brodo; eleva l'immagine; legge “IL SOLE 24 ORE” senza neanche ricordare le tabelline dal 6 in poi).

4) Vedere la posta, spulciare tra centinaia di mail commerciali digitando avidamente sullo schermo dell'I-Pad modello “45''x47''” , per dimensioni e peso più grande della sua:

5) Valigetta - anch'essa “24 ore” come il giornale di finanza che ci porta irrimediabilmente dentro - farcita di cartelle che contengono cartelle che sono vuote. Talvolta il contenuto della valigetta è un optional a discrezione del portatore; pare che averla piena – sebbene in realtà sia “vuota” - lo aiuti ad entrare nel personaggio, dando il meglio di sé, che si trovi in una piazza [ambiente altamente dispersivo] in cui, per attirare l'attenzione, deve darsi ancor più da fare che in altre circostanze più intime (come, ad esempio treni, metropolitane).


Personalmente, non mi sento di criticare la categoria appena descritta. Anzi, li vedo come modelli imprescindibili di cui tenere conto.


Il rapporto tra noi “osservatore” e loro “recitanti” è quasi simbiotico: gli Urlatori ricevono la fetta di notorietà di cui necessitano appagando il proprio ego in continua espansione.

Mentre noi, osservatori, possiamo servirci della messa in scena per:

A) Farci quattro sane risate, compiendo un esperimento d'antropologia culturale applicata non indifferente, ampliando il nostro campo percettivo, elevando i nostri pensieri.

B) Avere una visione chiara di “modello lavorativo” da cui tenerci alla larga, “se della vita la continuazione a cuor ti sta”. Osservare un Urlatore all'opera ci ricorda quali scelte non si devono fare se si vuol rimanere “esseri umani” senza tramutarci in figure teatranto-managerial-commerciali fatte e finite che di umano conservano solo... niente!

C) Stamparci perbene nella mente l'immagine di quale sia il prezzo da pagare per prendersi troppo sul serio. Identificarsi con un Urlatore, guardare a lui come una figura di successo (e spasimare per diventarlo) è quanto di più perverso si possa immaginare, oggi, che per ricordarci “chi siamo” dobbiamo iscriverci a corsi new age durante i quali ci spiegano i chakra, come funzionano, e quanto ne siamo succubi schiavi.

Mano a mano che la globalizzazione avanza la nostra memoria di “esseri umani” in armonica simbiosi con la Terra, e tutto ciò che ci circonda, sta venendo rimpiazzata con “oggetti” e “traguardi” del tutto illusori.

I nostri desideri e aspettative si trovano dentro un PICCOLO RECINTO oltre il qule non siamo capaci di vedere, convinti che il meglio che si possa ricavare dalla vita su 'sto pianeta sia AVERE AVERE AVERE.

Il mondo fa schifo, è una merda, non si può fare niente e bla bla bla.

Il mondo è quello che Vediamo con gli occhi della mente. Noi possiamo decidere cosa vedere il che non implica raccontarsi cazzate, come fingere sia tutto rose e fiori.

Abbiamo 2 possibilità:

1) Toglierci dalla testa la zavorra che ci fa stare male e che ci fa percepire un mondo brutto, insopportabile, invivibile, popolato da “persone che non capiscono niente”, e poi scoprire chi è celato sotto la corazza giudicante fatta di paroloni, di “traguardi”, di “obbiettivi del mese” di “IO SONO QUESTO” e dei vari “Voglio”.

2) Diventare un Urlatore o una figura professionale infelice.

Una di queste due porta a qualcosa di profondo.

L'altra porta a materialismo fine a se stesso.

La seconda opzione la conosciamo tutti; guardati: sei pieno di cose. Tante, tante COSE.

Ti rendono felice?

Ti rendono completo?

Ti fanno sentire appagato?

Se sì: dal momento in cui ti è stato dato lo scontrino, fino a quando ti sei stufato (o pentito, o sentito in colpa) dell'acquisto, quanto tempo è trascorso?

E sopratutto: ne valeva la pena?

Se riuscite a essere felici proseguendo sulla strada dell'Avere - il che è possibile, non lo metto in dubbio - non ho che da imparare da voi.

Penso sia possibile essere felici anche da Urlatori; la vedo dura ma penso che TUTTO sia possibile, perciò, non avrei che da imparare da un Urlatore felice.

Dico sul serio.

Per concludere questo post, mi ricollego al suo inizio, quando parlavo delle persone.

Al di là di tutti i nostri difetti, il nostro essere “cittadini” anziché “umani”, il nostro trascinarci da un negozio a un centro commerciale, l'aver scambiato il concetto di “completezza” col concetto di “adeguamento sociale”, ignari di cosa siano davvero “amore” e “felicità”: ma quanto cazzo siamo belli?

Siamo come quei cagnolini che i negozi d'animali schiaffano in vetrina per (quasi) costringerti ad entrare.

Simo piccoli, teneri, cuccioli sonnacchiosi e addormentati in una piccola gabbia.

Uscire, non uscirne...

Siamo qui.

Che fare?

Vedi tu.


Ps: quando vedo i cagnolini in vetrina entro sempre... e dopo venti secondi vado in depressione.

Sarò anch'io 'na bella testa di cazzo, né?!?!?!?!?!

Nessun commento: